La scomparsa di Agatha Christie continua a incuriosire, anche a distanza di quasi un secolo. Si parla di una possibile fuga volontaria, ma c’è chi giura che fu un vero caso di amnesia temporanea.
Un po’ come se la trama di uno dei suoi romanzi si fosse ribaltata sulla sua stessa vita. Un’autrice regina del mistero che finisce catapultata nel ruolo della scomparsa enigmatica. Se le storie con un retrogusto di non detto ti attirano, questa è una di quelle che vale la pena seguire fino all’ultima riga.
Era una sera fredda, quella del 3 dicembre 1926. Agatha uscì di casa, nel Berkshire, e svanì. Letteralmente. Qualche ora dopo, la sua auto fu ritrovata abbandonata nei pressi di una cava. Dentro: una patente scaduta, qualche vestito. L’atmosfera? Quasi da scena madre, con le autorità che si affannano e i giornali che iniziano a far rimbalzare la notizia. Si parla di tutto: sparizione, vendetta, forse addirittura un delitto. Ma quei famosi undici giorni, cosa hanno nascosto davvero?
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Fuga volontaria o blackout mentale?
Quando venne ritrovata in un hotel di Harrogate, Agatha sembrava serena, registrata con un altro nome e apparentemente ignara del clamore che aveva scatenato. Si presentava come “Mrs. Neele”, un nome che lasciò tutti di stucco: era il cognome dell’amante del marito, Archie Christie. Coincidenza? O un gesto sottile di vendetta emotiva?
Si parlò subito di amnesia psicogena, un disturbo che si manifesta in seguito a un forte trauma. In effetti, Agatha stava vivendo un periodo turbolento: la perdita recente della madre, un matrimonio in frantumi e una pressione professionale crescente. In queste condizioni, chiunque potrebbe cedere.
Eppure, alcuni dettagli non convincono. Era davvero possibile che una donna così lucida da ideare intricati intrecci narrativi fosse vittima di un blackout mentale tanto selettivo? Oppure si trattò di una mossa calcolata per sfuggire per qualche giorno alla sua vita complicata?
Un enigma degno dei suoi romanzi
Dopo il ritrovamento, Agatha Christie non volle mai parlare apertamente dell’accaduto. Nella sua autobiografia, la vicenda non viene menzionata. Un silenzio assordante, che ha alimentato ulteriormente le ipotesi. C’è chi sostiene che si sia trattato di una mossa pubblicitaria per promuovere il suo nuovo romanzo, chi invece vede nel gesto una richiesta d’aiuto non verbale.
In fondo, non è strano che una mente brillante come la sua abbia orchestrato un piano così enigmatico. Ma allora perché farsi trovare? Perché adottare il nome dell’amante del marito? Le domande si moltiplicano, ma le risposte restano vaghe.
Qualcuno ipotizza anche un tentativo di suicidio mal riuscito, interrotto da un improvviso ripensamento. Altri ancora pensano che Agatha volesse semplicemente punire il marito con un gesto eclatante, una sorta di sceneggiatura vivente in cui lui fosse costretto a recitare il ruolo del colpevole.
Il mistero continua ad affascinare
Quello che è certo è che il caso della sua scomparsa ha superato i confini della cronaca per diventare parte della mitologia culturale. Un episodio che incarna tutte le sfumature del genere giallo: tensione, ambiguità, colpi di scena.
E ciò che lo rende ancora più affascinante è la totale assenza di una verità definitiva. Nessuna confessione, nessun indizio chiarificatore, solo frammenti sparsi come pezzi di un puzzle lasciato incompiuto.

Difficile resistere al fascino di un mistero che coinvolge non solo i fatti, ma anche la psiche umana. Si può davvero perdere la memoria per undici giorni e vivere una vita parallela senza rendersene conto? O, più semplicemente, si può decidere di fuggire e mettere in scena una sorta di vendetta poetica?
Agatha Christie ha lasciato il mondo con più domande che risposte. Ma forse è proprio questo il suo ultimo capolavoro: un enigma irrisolvibile, costruito con la precisione di chi il mistero lo conosce fin troppo bene.
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